Ma non tutti sanno che si tratta di un regista controcorrente, anticonformista anche se lavora nel mondo di Hollywood ovvero, in quel mondo ,dove ogni film deve andare incontro agli interessi del "grande pubblico" e dove ogni regista (anche quello dalla carriera più brillante) è sempre giudicato in base all'entità degli incassi del suo ultimo lavoro.
Ed è ad Hollywood che Burton riesce a fatica a "sopravvivere", proponendo per i suoi film soggetti e temi personali e originali che ci sogniamo di riscontrare in altri film hollywoodiani.
Ora, sarebbe troppo lungo fare un discorso completo su Burton ,sul suo modo di fare cinema e sulla sua carriera; preferirei quindi rimandare tale discorso ad un'altra occasione ,magari scrivendo una recensione di un suo film futuro o già esistente.
Piuttosto,qui, mi soffermerei su uno dei temi preferiti dal regista ovvero quello dell' outsider. Infatti,il protagonista in tutti (o quasi) i suoi film è un outsider,cioè un diverso,un estraneo che non riesce (o non vuole) conformarsi a una società qualunquista, ipocrita e superficiale; e questa società, in un primo momento, cercherà di integrare l'outsider ma poi, non riuscendoci ,finirà per ricacciarlo o,addirittura ,eliminarlo.
Manifesto di questo punto di vista è senza dubbio "Edward mani di forbice"(1990), un film tanto emblematico nel rappresentare il regista stesso quanto nel descrivere la società in cui viviamo,un società che vuole conformare ciascun soggetto che la compone dettando regole,doveri,modi d'essere talvolta senza che noi ce ne accorgiamo.
E magari non ci accorgiamo nemmeno che quelli che non si uniformano agli altri non sempre vengono accettati per quello che sono ma vengono ,invece, emarginati isolati quasi come se fossero un'anomalia ,una malattia.
Io trovo che adesso si tende a negare questo aspetto della nostra realtà in cui noi stessi,talvolta anche inconsciamente, celiamo il nostro vero io dietro una maschera per paura di essere rifiutati,per paura di restare soli,per paura di essere outsider.