giovedì 6 dicembre 2007

Il sottobosco della "piccola" editoria

Intervista con Silvia Ognibene, autrice di "Esordienti da spennare" di Davide Pelanda - Megachip

Il titolo è significativo: “Esordienti da spennare” e si riferisce a quelle persone, giovani o meno giovani, che vogliono pubblicare un libro, un manoscritto che tengono da troppo tempo nel cassetto. E che si lanciano nella jungla dell'editoria.

Questo agile volumetto, scritto da Silvia Ognibene, giornalista free lance fiorentina, vuole mettere in guardia e “difendersi dagli editori a pagamento” come recita il sottotitolo.
In questo caso l'editore onesto è Terre di Mezzo (1 copia 12 euro) che gli ha commissionato il libro su di una «idea di Davide Musso della redazione di Terre di Mezzo editore – spiega la stessa Ognibene - che stava scrivendo un altro libro, intitolato “Voglio fare lo scrittore”, uscito proprio insieme al mio.

Cominciando le ricerche per il suo libro, Davide ha sfiorato il mondo dell'editoria a pagamento ed ha avuto l'idea di un secondo libro, dedicato a questo argomento. Dal canto mio, ho accettato subito e di buon grado la proposta perché scrivere questo libro mi ha permesso di avvicinarmi ad un mondo che non conoscevo assolutamente».

E' ovvio allora che non hai avuto difficoltà a trovare un editore che non ti facesse pagare tutta l'operazione?

Ho avuto la grande fortuna di non dovermi cercare un editore: è stato l'editore a cercare me, per commissionarmi il libro. Avevo conosciuto Davide Musso collaborando per il mensile Altreconomia. Conosceva il mio lavoro di giornalista e ha ritenuto che avessi le competenze giuste per condurre l'inchiesta dalla quale poi è nato il libro.

Il libro parte da una tua esperienza personale: hai confezionato, un po' raffazzonato, un manoscritto… e nessuno se n'è accorto. Possibile che nelle case editrici da te contattate nessuno si sia accorto che era uno scherzo? Che minimamente si siano insospettiti della tua, passami il termine, “trappola”?

“Trappola” è il termine giusto. Il punto è che gli editori a pagamento mandano in stampa di tutto, i manoscritti non li leggono nemmeno perché non fanno profitti sul mercato librario, cioè vendendo i libri ai lettori, ma si garantiscono il guadagno nelle tasche degli autori che cascano nel tranello.

Hai avuto problemi con gli editori che hai citato? Lo hanno letto? Sono arrivate delle querele?

Per il momento non ho ricevuto nessuna querela. Non so se questo dipenda dal fatto che gli editori a pagamento citati non hanno letto il libro, oppure sia dovuto al fatto che non hanno elementi per potermi querelare. Io ho fatto semplicemente il mio mestiere. Ho inviato un manoscritto, ho atteso che mi inviassero le proposte di contratto per posta, poi ho telefonato per avere spiegazioni sulle modalità di pubblicazione. E nel libro ho riportato pari pari le loro risposte.

Che cosa hai capito scrivendo questo libro?

Ho capito che quello del libro è un mercato che segue le medesime logiche di tutti gli altri e che, per questo, fare prodotti di qualità e sopravvivere alla politica del prodotto di massa (scarsa qualità per un pubblico più vasto possibile) è un mestiere difficile, arduo che va saputo fare bene. Ho capito che in Italia ci sono editori piccoli, ma onesti e seri, che si impegnano per fare ricerca, scoprire nuove voci, offrire libri di buona qualità e tenere contemporaneamente in piedi l'azienda editoriale ricercando, con sforzo, un difficile equilibrio finanziario. Ho capito che gli editori piccoli possono sopravvivere se puntano tutto sulla qualità. Ho capito che, assieme ad essi, il panorama editoriale italiano è infestato da gente senza scrupoli, che non ha interesse a pubblicare buone opere, ma solo a far quattrini nelle tasche degli sprovveduti.

Quanto è difficile per un giovane esordiente diventare uno scrittore affermato in Italia?

Esordire è difficile ma non impossibile. Oggi pubblicare è più facile che in passato, sia perché ci sono più case editrici sia perché produrre costa meno grazie all'abbattimento dei costi di stampa.

A patto che l'aspirante esordiente sia disposto ad affrontare un cammino sicuramente più faticoso che staccare un assegno. A questo proposito, Giorgio Pozzi della casa editrice Fernandel mi ha detto: “Ci sono due gradini il primo è quello della scrittura, dove sei solo con te stesso. Nessuno può togliertelo. Nessuno può dirti di non scrivere. Il secondo gradino è quello della pubblicazione, che significa dare vita ad un prodotto capace di stare sul mercato. Per far questo servono, in primo luogo, pazienza e capacità di autocritica. È fondamentale saper leggere e riconoscere la bravura altrui”. Pagare l'editore non è una buona soluzione anche perché è l'esordiente che per primo mostra di non credere a sufficienza nelle proprie capacità. E, quando poi decide di presentarsi al cospetto di un editore ‘vero', l'aver pubblicato a pagamento non è un buon biglietto da visita da esibire.

Commentando il ritornello “anche Moravia per esordire ha pagato”, Daniele di Gennaro di Minimum Fax mi ha detto: “Non esiste un ottimo libro che prima o poi non venga pubblicato. Ogni scrittore che fa un quotidiano lavoro sulla lingua ed è cosciente di valere, prima o poi, trova il modo di farsi leggere da un autore o un editor, o da un critico letterario che lo segnalerà. Moravia si sarebbe comunque affermato per il suo valore”. La scrittura, insomma, va affrontata come un mestiere.

Intraprendenza, poi, è una parola chiave per gli aspiranti scrittori: non basta saper scrivere e mettere su carta buone cose, bisogna “stare nel giro”. Conoscere e farsi conoscere. Dimenticare il mito romantico del genio nascosto che invia il manoscritto al grande editore e, improvvisamente, diventa un successo planetario. Nella vita vera, tutto questo non esiste. Infine c'è Internet, fonte inesauribile di informazioni per gli esordienti, dove si possono trovare anche alcune buone palestre per cominciare a scrivere sul serio, provare a farsi vedere e mettersi alla prova senza prosciugare il portafogli.

All'estero è più facile pubblicare un libro? Hai sentito di esperienze per esempio in Francia, in Germania o in Inghilterra?

Per quanto riguarda la narrativa, non ho avuto modo di valutare le esperienze di aspiranti autori che vivono in altri paesi europei. Posso, però, dirti qualcosa a proposito della poesia. Per la poesia è vero che non c'è mercato e quindi anche case editrici autorevoli, serie e oneste chiedono il sostegno economico agli autori per pubblicare, perché i libri di poesia non si vendono. In questo caso bisogna stare molto attenti, perché ci si può trovare davanti a un mascalzone che vuole solo spillarti soldi, oppure a persone oneste che hanno veramente a cuore la cultura e usano davvero il denaro ricevuto dagli autori per mandare avanti case editrici piccole, ma di grande professionalità e qualità, che altrimenti sarebbero destinate a chiudere. Questo accade perché in Italia manca completamente il sostegno pubblico alla cultura e in particolare alla cultura giovane, alle attività sperimentali e di ricerca. In Francia, al contrario, ci sono consistenti finanziamenti pubblici destinati a queste attività. Queste cose me le ha spiegate Goffredo Muratgia, un giovane poeta romano molto in gamba, che ha avuto la possibilità di sperimentare entrambi i paesi.

Tu vuoi essere un'aspirante scrittrice? Hai un romanzo nel cassetto?

Assolutamente no. In passato, l'idea mi è frullata nella testa più di una volta, diciamo che era un sogno di ragazzina. Ma, poi, andando avanti negli anni e conoscendomi, mi sono resa conto di non essere abbastanza capace. La scrittura creativa, in primo luogo, ti costringe a guardarti dentro, a fare in un certo senso i conti con te stesso e con i tuoi rapporti col mondo, con gli altri, a sfiorare le corde più profonde dell'esistenza. Ecco, io non ho questo coraggio. E probabilmente non lo troverò mai. Ho accettato questo mio limite, questa vigliaccheria sei vuoi, e ho messo da parte l'idea di scrivere un romanzo.

Credi nelle scuole di scrittura come quella di Alessandro Baricco, la Holden a Torino?

Non ho avuto modo di affrontare questo tema per scrivere il libro. L'idea c'era, inizialmente, ma poi ci siamo resi conto che avremmo allargato eccessivamente il campo dell'inchiesta e abbiamo lasciato stare. Quindi, non posso risponderti. Magari, però, un'inchiesta su questo argomento prima o poi ce la faccio!

Dalla tua esperienza di questo libro te la senti di dare un consiglio ad un giovane aspirante scrittore? Come conviene muoversi? Con un avvocato appresso?

In primo luogo, sarà banale quanto vuoi, si deve stare attenti a quel che si firma. Nella gran parte dei casi, infatti, l'editore non commette niente di illegale perché è l'autore a mettere la propria firma in calce ad un contratto dove c'è scritto che pagherà per vedere pubblicata la propria opera. In secondo luogo, va detto che l'editoria a pagamento prospera perché c'è chi paga per vedere il proprio nome su una copertina qualsiasi. Sono gli aspiranti scrittori la causa prima di una fenomeno odioso. Pagare per pubblicare è decisamente sconsigliato. Ma se proprio si decide di farlo, bisogna stare bene attenti a cosa si firma. Il contratto deve essere chiaro ed esaustivo soprattutto per quanto riguarda la distribuzione in libreria, perché il problema vero dell'editoria a pagamento è che i libri vengono stampati ma non vengono distribuiti. In calce al libro c'è una scheda riassuntiva, che indica i punti del contratto da controllare con attenzione assoluta se non si vuole rimanere fregati. All'avvocato, semmai, si ricorre quando ormai siamo rimasti fregati, cioè quando ci siamo resi conto che l'editore non rispetta gli impegni presi con il contratto. Ma, in linea di massima, gli editori a pagamento sono molto attenti a non inserire nei contratti clausole che possano obbligarli in qualche modo nei confronti dell'autore. Per evitare di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati, è bene valutare bene i termini della proposta prima di firmarla.

In Italia è difficile anche affermarsi come giovane bravo giornalista. Ed è arduo anche farsi pagare il giusto previsto dal tariffario dell'Ordine dei giornalisti. E' così? Ti riesce difficile fare il tuo lavoro di free lance?

Per certi aspetti il cammino di aspirante giornalista è simile a quello di aspirante scrittore: sono percorsi lunghi, che richiedono passione, dedizione e tanta pazienza. Io non mi lamento. Vivo onestamente e decorosamente del mio lavoro, mi diverto lavorando: cosa vuoi di più? Ma arrivarci è stata dura. Il giornalismo, in Italia, soffre di condizionamenti altrove impensabili. Il punto, a mio avviso, è che non esistono editori puri (con questo intendo imprenditori che vivono grazie alla vendita di notizie) il che offre il fianco a condizionamenti e pressioni di ogni tipo, specialmente politico. In Italia chi fa informazione vive grazie alla pubblicità, che condiziona i contenuti i modo sempre più preoccupante, oppure in virtù di convenzioni con le Istituzioni sia a livello locale che centrale: è evidente che, con questo stato di cose, fare i ‘cani da guardia del potere' diventa impossibile. Da questo, che a mio avviso è il nodo centrale della questione, discendono a cascata tutti gli altri problemi: l'estrema difficoltà nell'accesso alla professione, regolato secondo criteri che troppo spesso non hanno niente a che fare con la preparazione e la competenza; un giornalismo che io talvolta definisco “all'amatriciana”, troppo disinvolto nell'uso delle fonti e più attento a non urtare la suscettibilità del CDA invece che a ricostruire i fatti; un Ordine che non si capisce bene cosa ci stia a fare: abbiamo un elenco di pubblicisti, dove figurano dentisti e macellai che scrivono a tempo perso a fianco di persone che vivono facendo il mestiere di giornalista con professionalità e competenza. In termini formali, fra queste due categorie non c'è distinzione. Credo serva una riforma radicale dell'accesso alla professione: pochi, adeguatamente preparati, dignitosamente pagati.

tratto da Megachips.com

Ho deciso di postare questa bella intervista perchè permette di comprendere le reali difficoltà che deve affrontare un giovane scrittore o giornalista di fronte al mondo dell'editoria.
Ormai sempre più pieno di libri spazzatura che però vendono (il libro di Totti, di Bongiorno o della Franzoni) che vendono perchè sono "scritti" da personaggi famosi che vogliono solo arricchirsi facilmente.

Spero che il post e/o il libro possano aiutare qualcuno nella speranza di diventare scrittore, in ogni caso in bocca al lupo...

6 commenti:

Andrea De Luca ha detto...

Ciao Taz, l'intervista fa capire che è difficile oggi fare lo scrittorea o il giornalista.
Purtroppo oggi vengono pubblicati molti libri al solo scopo di catturare attenzione popolarità (e soldi), e naturalmente questi libri vedono (vedi il libro su Totti, che poi èuna raccolta di barzellette stupide, o il libro sulla Franzoni, che a distanza di anni non si sa ancora se abbia ucciso il figlio)

Taz ha detto...

Già... ormai per i giovani ci vuole molto di più che talento e fortuna.
Quelli bastavano una volta!!
Ciao

p.s. non mollate mai, poi smettere di lasciarsi andare è ancora più difficile!!

Anonimo ha detto...

io penso che l'editoria non sia mai stato un mondo facile, proprio perchè unisce la volontà di diffondere la cultura alla ricerca del guadagno; tutto questo è più che plausibile, ma purtroppo sta sempre più scomparendo la prima componente. D'altra parte però non ci si può sempre lamentare del sistema, dopotutto anche la scrittura è arte e quindi per vivere ha bisogno di artisti, i quali, del resto, non crescono ad ogni angolo di stada...

Taz ha detto...

Parole sante Chiara...
Però se venisse incentivata maggiormente la buona lettura e i classici e non solo i libri spazzatura...
Es. Vaporidis , il beloccio di Notte prima degli esami, ha fatto un libro... Cioè va bene tutto, ma si sta arrivando all'assurdo..

Anonimo ha detto...

purtroppo o per fortuna l'editoria fa il suo mestiere, sarebbe ingiusto vietare ad un autore di pubblicare (per fare u esempio Eco ha detto che si sarebbe neanche dovuto pubblicare il Codice Da Vinci); il problema penso che stia nella mancanza di mezzi offerti al lettore per giudicare e sapersi muovere nel mondo "libri"... dove sta la critica militante??? e i programmi scolastici ,che non vanno al di là di D'Annunzio??

Anonimo ha detto...

Il discorso è molto semplice. Nelle case editrici, piccole o grandi, nessuno legge niente. Non hanno tempo. Dovrebbero stipendiare 100 persone solo per leggere i manoscritti che arrivano. Le grandi case editrici cestinano tutto a priori (per poi pubblicare Fabio Volo e simili), e leggono, o meglio pubblicano senza leggere, solo i manoscritti di chi gode di un qualche appoggio politico e di una qualche "segnalazione"; i piccoli editori, al contrario, pubblicano tutto o quasi, chiedendo soldi all'autore (ma non crediate che anche i grandi, sottobanco, non prendano soldi, e molti di più). Lasciate ogni speranza.