domenica 23 novembre 2008

Ebay si lancia nel mercato equo solidale... e lo rende globale!

Ebay lancia un sito d’aste di soli prodotti equo solidali, e c’è già chi parla di importante svolta per questo tipo di commercio. Che piace, ma fatica a farsi strada sul mercato globale. Vediamo come e perché le cose potrebbero cambiare.

Ebay, il più grande sito di aste online al mondo, si lancia nel mercato dell’equo solidale. La notizia, passata un po’ in sordina in Italia, è invece di notevole interesse per tutti i convinti sostenitori di questo tipo di commercio, che negli ultimi anni è lentamento uscito dalle botteghe specializzate per fare capolino nella grande distribuzione e nei negozi al dettaglio. E ora si affaccia anche sul web: occasione ghiotta, soprattutto alla luce delle potenzialità offerte da un colosso come Ebay, leader del commercio elettronico che ogni giorno registra l’accesso di milioni di utenti.

Si chiama WorldofGood – letteralmente: “mondo di bene” – la nuova avventura di Ebay Inc.. Nasce dalla partnership tra il sito d’aste e la World of Good Inc., una società nata con l’obiettivo di cambiare il mondo del commercio tramite un sistema in grado di alleviare la povertà e far del bene all’ambiente, agendo sul mercato globale in qualità di intermediario tra produttori e consumatori. Tra gli intenti principali della società c’è stato sin dall’inizio quello di cercare di conquistare il mercato globale: proprio così, proprio come il modello capitalistico chiede (o impone). Poco fair come filosofia? Nient’affatto, secondo la società. Che crede fermamente che per uscire da questa situazione di profonda sperequazione economica e sociale tra Nord e Sud del mondo ci sia bisogno di una sola cosa: farsi vedere, farsi conoscere.

Quale medium migliore di Ebay, quindi? Il colosso d’aste online negli ultimi anni è cresciuto a dismisura, sia in termini di utenti sia di fatturato. Ma l’interesse è reciproco, perché anche Ebay ha fiutato l’affare, che oltretutto porta in dono – dettaglio non trascurabile – anche un’ “aura green” che male non fa, di questi tempi.
Ma vediamo nel dettaglio come funziona WorldofGood.com, soprattutto perché il sito per ora è disponibile solo nella versione americana (ma, c’è da scommetterlo, prima o poi arriveranno le diverse versioni nazionali) e la comprensione dei suoi meccanismi non è immediata.

Innanzitutto chiariamo l’aspetto più importante: tutti i prodotti, i produttori e i venditori sono certificati da organismi internazionali che ne assicurano la coerenza ai criteri del commercio equo e solidale. Insomma, abbiamo così la certezza che facciano parte della cosiddetta categoria dei consumi consapevoli, o responsabili. Di ogni prodotto è possibile conoscere “vita, morte e miracoli”: chi l’ha prodotto, dove, come, qual è stato il suo impatto sulla comunità o sull’ambiente.
Questo è forse l’aspetto più interessante: il sito permette all’acquirente di sapere se l’oggetto che acquista ha un impatto positivo (“goodprint” il termine utilizzato) sulla comunità, sull’ambiente, sugli animali o a favore di una specifica causa. All’interno di queste quattro macrocategorie esistono ulteriori specificazioni, di modo che alla fine è possibile per l’acquirente scegliere un oggetto proprio perché, ad esempio, una percentuale del ricavato della vendita andrà a favore di un’associazione che tutela il lavoro artigianale, o perché favorisce il potenziamento economico di una piccola comunità africana, o ancora perché per produrlo si è utilizzata solo fonti di energia rinnovabili, o perché è un prodotto vegano.
Ultimo non trascurabile dettaglio: le vendite avvengono tramite aste a prezzo fisso, e gli oggetti presenti su WorldofGood vengono visualizzati anche nelle ricerche del "tradizionale" Ebay.com.

A pensarci bene è una bella rivoluzione: il commercio globale, su larga scala, si apre al locale, all’iper-specializzazione, le merci non sono più anonime ma al contrario hanno una ben precisa identità e l’acquirente le cerca proprio in virtù del fatto che può conoscerne la storia. Il prezzo non è più la prima ragione d’acquisto: già questo è un bel cambiamento di prospettiva...
Ma di rivoluzione – almeno ideologica – si tratta anche per il commercio equo solidale, abituato a vivere e proliferare nei suoi piccoli spazi, ben delimitati, e a configurarsi come una scelta alternativa. Il ribaltamento della visuale cui aspira World Of Good Inc. (e in parte anche Ebay, di cui però non vanno sottovalutate le motivazioni puramente commerciali) punta a trasformare quell’alternativo in comune, globale, massificato. A far sì che entrare nel merito dell’identità di un prodotto, conoscerne la storia e l’impatto sull’ecosistema, diventi la prassi comune e non l’eccezione.

E per restare ottimisti concludiamo con la notizia dell’imminente iniziativa organizzata da Fair Trade Italia, “Io faccio la spesa giusta”, settimana di promozione del commercio equo e solidale, che dal 18 al 26 ottobre inviterà i consumatori a entrare in oltre 3000 punti vendita aderenti per scoprire i prodotti di questo circuito, partecipare a incontri e reading a tema presso le Librerie Feltrinelli, conoscere l’attività di Legambiente e Banca popolare Etica. L’elenco degli eventi e tutte le altre informazioni si possono trovare sul sito dell’associazione nella sezione dedicata alla manifestazione.
E intanto, se la curiosità prende il sopravvento, potete entrare in una delle 350 Botteghe del Mondo presenti sul territorio italiano (i negozi che vendono esclusivamente prodotti del commercio equo e solidale: l’elenco lo trovate a questo indirizzo) o in uno dei super o ipermercati che distribuiscono prodotti del commercio equo (tra i principali: Auchan, Coop, Lidl, GS, DiperDì, Sma, PAM, ma li potete trovare anche in alcuni negozi di prodotti biologici e dettaglianti) e acquistare qualche prodotto “col bollino”. E magari riscoprire qualche sapore dimenticato.

Trattp da Yeslife.it

domenica 26 ottobre 2008

L'ipotesi di Calamandrei

Ho trovato su Internazionale questo discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950 e, per la sua attualità, mi ha messo i brividi addosso.

“Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche,a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia perfino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece cha alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo apertamente trasformare le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tenere d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi, ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.

Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico".

(Pubblicato nella rivista Scuola Democratica, 20 marzo 1950).

tratto dal blog di Luc Enoch su consiglio di Righello di Nippoclio

martedì 30 settembre 2008

Progetto Terre e Libertà 2008

Ecco il super mega video da Oscar del Progetto di volontariato internazionale al quale ho preso parte questa estate.
per maggiori info terreliberta.org

venerdì 26 settembre 2008

Cocaina, ecco come la fanno

Mi sono sempre chiesto come si producessero alcune droghe come la Cocaina. Di cosi facile consumo e di larga scala. Se anche voi siete interessati a sapere come al fanno non perdetivi il video...
Magari alcuni scopriranno cosa si pippano veramente. Un po' di conoscenza in più non guasta mai.

Ditemi cosa ne pensate nell'area dedicata ai commenti.

lunedì 22 settembre 2008

Zero Risorse, la terra è in rosso!!



Da domani viaggeremo con i conti in rosso, consumeremo più risorse di quelle che la natura fornisce in modo rinnovabile. Ci stiamo mangiando il capitale biologico accumulato in oltre tre miliardi di anni di evoluzione della vita: nemmeno un super intervento come quello del governo degli Stati Uniti per tappare i buchi delle banche americane basterebbe a riequilibrare il nostro rapporto con il pianeta. Il 23 settembre è l'Earth Overshoot Day: l'ora della bancarotta ecologica.

Il giorno in cui il reddito annuale a nostra disposizione finisce e gli esseri umani viventi continuano a sopravvivere chiedendo un prestito al futuro, cioè togliendo ricchezza ai figli e ai nipoti. La data è stata calcolata dal Global Footprint Network, l'associazione che misura l'impronta ecologica, cioè il segno che ognuno di noi lascia sul pianeta prelevando ciò di cui ha bisogno per vivere ed eliminando ciò che non gli serve più, i rifiuti.

Il 23 settembre non è una scadenza fissa. Per millenni l'impatto dell'umanità, a livello globale, è stato trascurabile: un numero irrilevante rispetto all'azione prodotta dagli eventi naturali che hanno modellato il pianeta. Con la crescita della popolazione (il Novecento è cominciato con 1,6 miliardi di esseri umani e si è concluso con 6 miliardi di esseri umani) e con la crescita dei consumi (quelli energetici sono aumentati di 16 volte durante il secolo scorso) il quadro è cambiato in tempi che, dal punto di vista della storia geologica, rappresentano una frazione di secondo.

Nel 1961 metà della Terra era sufficiente per soddisfare le nostre necessità. Il primo anno in cui l'umanità ha utilizzato più risorse di quelle offerte dalla biocapacità del pianeta è stato il 1986, ma quella volta il cartellino rosso si alzò il 31 dicembre: il danno era ancora moderato.

Nel 1995 la fase del sovraconsumo aveva già mangiato più di un mese di calendario: a partire dal 21 novembre la quantità di legname, fibre, animali, verdure divorati andava oltre la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi; il prelievo cominciava a divorare il capitale a disposizione, in un circuito vizioso che riduce gli utili a disposizione e costringe ad anticipare sempre più il momento del debito.

Nel 2005 l'Earth Overshoot Day è caduto il 2 ottobre. Quest'anno siamo già al 23 settembre: consumiamo quasi il 40 per cento in più di quello che la natura può offrirci senza impoverirsi. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, l'anno in cui - se non si prenderanno provvedimenti - il rosso scatterà il primo luglio sarà il 2050. Alla metà del secolo avremo bisogno di un secondo pianeta a disposizione.

E, visto che è difficile ipotizzare per quell'epoca un trasferimento planetario, bisognerà arginare il sovraconsumo agendo su un doppio fronte: tecnologie e stili di vita. Lo sforzo innovativo dell'industria di punta ha prodotto un primo salto tecnologico rilevante: nel campo degli elettrodomestici, dell'illuminazione, del riscaldamento delle case, della fabbricazione di alcune merci i consumi si sono notevolmente ridotti.

Ma anche gli stili di vita giocano un ruolo rilevante.
Per convincersene basta confrontare il debito ecologico di paesi in cui i livelli di benessere sono simili. Se il modello degli Stati Uniti venisse esteso a tutto il pianeta ci vorrebbero 5,4 Terre. Con lo stile Regno Unito si scende a 3,1 Terre. Con la Germania a 2,5. Con l'Italia a 2,2.

"Abbiamo un debito ecologico pari a meno della metà di quello degli States anche per il nostro attaccamento alle radici della produzione tradizionale e per la leadership nel campo dell'agricoltura biologica, quella a minor impatto ambientale", spiega Roberto Brambilla, della rete Lilliput che, assieme al Wwf, cura la diffusione dei calcoli dell'impronta ecologica. "Ma anche per noi la strada verso l'obiettivo della sostenibilità è lunga: servono meno opere dannose come il Ponte sullo Stretto e più riforestazione per ridurre le emissioni serra e le frane".

tratto da Repubblica.it

venerdì 5 settembre 2008

Yes Life


Girovagando su internet ho trovato un bel portale di vita equo sostenibile con tanti bei consigli ed informazioni cuccatevelo: http://www.yeslife.it/.

Yes.life approfondisce le tematiche legate alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, con un occhio di riguardo al risparmio energetico.
Insomma fateci un salto magari trovate qualcosa che vi può interessare e magari ditemi che ne pensate.

giovedì 3 luglio 2008

Destinazione Kulen Vakuf - Bosnia Erzegovina

Eccomi qua a postare un altro articolo, ma voglio seguire il "consiglio" di un mio caro amico (Lore) che mi ha detto:" Si ma cazzo, il tuo Blog è troppo serio è ovvio che la gente poi non ti commenta, è un troppo freddo etc...". Bene allora per dare un po' più di calore ho deciso di parlarvi delle mie vacanze estive.

Partirò insieme all'associazione Terre e Libertà alla volta della Bosnia-Erzegovina. Paese di cui si sa veramente poco e quel poco che conosciamo è per lo più frutto di pregiudizio. Insieme ad altri 11 valorosi temerari, tra cui la mia Chiarina, andremo ad organizzare una "Scuola Estiva" per ragazzini dai 6 ai 16 anni, permettendo loro di ritrovarsi a giocare, disegnare e divertirsi, insomma di stare insieme.
Il paesino di 700 anime è Kulen Vakuf di cui potete vedere qui sotto uno scorcio.

Abiteremo nella famosa "Casa dei Polli" (poi vi spiegherò meglio) e diventeremo anche se solo per un paio di settimane, parte integrante della comunità Bosniaca, sperando di essere accettati positivamente.

Sarà una vacanza fuori dal normale. Ero stufo di andare in una città: fare 60 foto, comprare maglietta e prodotto tipico del posto e poi tornare a casa e dire che bella che è la Grecia o la Spagna. Come fai a dirlo se ci sei stato solo 15 gg senza parlare mai con nessuno del posto... Per conoscere un paese devi conoscere le persone che lo popolano, e proprio per questo ho deciso di fare questa vacanza fuori dall'ordinario. Per potrer aiutare concretamente una nazione che cerca ancora la sua identità e per trovare anche me stesso, crescere come persona, mettermi alla prova e vedere un po' come va finire...


E a voi mondo del web cosa ve ne pare?? Farete anche voi una vacanza come "Turisti Responsabili"??

martedì 1 luglio 2008

I Rom manifestano per i diritti umani!!


Secondo i rilevamenti dell'ennesima ricerca sulla sicurezza, ben otto italiani su dieci pensano che i campi rom vadano sgomberati, perché gli "zingari" sono pericolosi. La stessa ricerca - pubblicata oggi su Repubblica - mostra una popolazione - gli autoctoni italiani - in preda a una fobia irrazionale: hanno paura degli stranieri in quanto tali e non hanno la minima idea della condizione dei migranti nel nostro paese, credono che i tassi di criminalità siano aumentati a dismisura (e non è vero), invocano le ronde per tutelarsi dai pericoli che suppongono esistere in città (ma non ci sono) e finiscono per alimentare un clima di intimidazione, creando un circolo vizioso utile solo agli imprenditori politici e morali della paura.


Su queste irrazionali paure da molto tempo sindaci e leader politici costruiscono i propri programmi politici, e i media fanno a gara per rilanciare e legittimare tutte le "percezioni" e le fobie, per quanto irrazionali siano: il risultato è che il razzismo sta diventando senso comune e che le politiche discriminatorie assumono forma di legge (o di decreto legge).

Se ne accorgono bene all'estero: basta leggere i quotidiani stranieri (ieri Le Monde denunciava in prima pagina la discriminazione dei rom in Italia), o dare un'occhiata alle dichiarazioni del commissario Onu per i diritti umani, o scorrere il Rapporto 2008 di Amnesty International. In Italia, nel discorso pubblico, sta sparendo la razionalità e la xenofobia diventa la regola. Qualsiasi argomento è buon per legittimare le discriminazioni. Se a Mestre dei gruppi di cittadini assecondano il razzismo della Lega Nord (che del resto esprime il ministro degli Interni) nell'opposizione a una costruzione legalissima (case per famiglie sinte) approvata dal Comune di Venezia, i benpensanti che scrivono dotti commenti sui giornali o reggono posizioni di governo, per una volta accantonano l'argomento-clava della legalità, stavolta inservibile, e spiegano che non si possono ignorare le proteste della popolazione...

La discriminazione si fonda su queste cose: irrazionalità, legittimazione delle fobie, individuazione dei capri espiatori (minoranze di vari tipo). Per contrastare le politiche xenofobe bisogna spezzare questa catena. Ieri a Roma dal Colosseo al Testaccio è sfilato un corteo organizzato da alcune associazioni di rom e sinti: migliaia di persone hanno rivendicato i propri diritti, denunciando le discriminazioni crescenti. Hanno ricordato alcune smeplici verità: il razzismo dei media e delle istituzioni, la dignità di un popolo che non ha mai fatto la guerra e non accetta d'essere criminalizzato, i precedenti storici fatti di pogrom e di invio degli "zingari" nei campi di steriminio (tutti indossavano il triangolo nero scelto dai nazisti per identificarli). Non è frquente che le comunità rom organizzino iniziative politiche. E' un segnale importante di resistenza e di opposizione al razzismo dilagante nella società italiana e al tempo stesso è una spia dell'apprensione che circola nelle comunità rom e sinti d'Italia.

di Lorenzo Guadagnucci