martedì 10 luglio 2007

Infibulazione, una pratica ancora in atto!!


In molti paesi la donna è considerata una creatura inferiore all’uomo, poco importa alla società che nel vicino occidente l’emancipazione femminile ha raggiunto livelli che hanno permesso alla donna di considerarsi alla pari con l’uomo.
Tra le pratiche di schiavizzazione e sottomissione della donna, una delle più te
rrificanti, ma purtroppo ancora esistente al mondo, è quella dell’infibulazione.


Questo rito barbarico nega il principio stesso che è alla base dell’essere donna.

La femminilità e la procreazione.

I paesi a maggior numero di donne che hanno subito mutilazioni genitali sono la Somalia e il Sudan del Nord con una percentuale del 98% seguiti con una percentuale del 90% dalla Sierra Leone e dal Gibuti e con una percentuale del 60% dal Gambia e dalla Liberia.

L’aspetto più raccapricciante di questa pratica è accorgersi di come col tempo si sia radicata a tal punto da diventare non solo una violenza fisica ma psicologica, in quanto considerata dalle stesse donne necessaria per vivere ed essere accettate in società.
Tante bambine in Africa vedendo le loro sorelle maggiori già sposate e già diventate donne senza la loro parte di “peccato” decidono in preda alla disperazione per la loro diversità di operarsi da sole. Molte odiano quella loro parte così tabù tanto da reciderla da sole con mezzi di fortuna.

Il termine infibulazione deriva dal latino “fibula”,una spilla utilizzata per a
gganciare la toga romana. La fibula era usata per prevenire i rapporti sessuali tra gli schiavi, fissata tra le grandi labbra delle donne e il prepuzio degli uomini. In questo modo era assicurata la fedeltà delle schiave ai loro padroni.

L’infibulazione è la pratica più atroce di mutilazione genitale, comporta l’asportazione del clitoride, delle piccole labbra e delle grandi labbra; questa pratica non è la sola, infatti esisto diversi tipi di mutilazioni genitali, ma per informazione più dettagliata, rimandiamo al sito Wikipedia.
La “Cerimonia” è fatta da sole donne e il taglio dei genitali è compiuto da una donna anziana, di solito unica nel villaggio, spesso una levatrice o un’esperta del mondo dell’occulto. Di solito queste “esperte” chiedono per le loro mutilazioni molti soldi, e le famiglie povere sono costrette a indebitarsi, perché per loro avere una figlia con i genitali integri è una condanna all’esilio dalla società. La bambina è tenuta con le gambe divaricate e immobile da altre donne tra cui la stessa madre. Il taglio è fatto senza nessuna precauzione anestetica o disinfettante,l’incisione è compiuta con una lama di un coltello, un paio di forbici, un pezzo di vetro affilato, o una scheggia di metallo. Le gravi ferite sono suturate a seconda della tradizione con fili di seta o spine di acacia.
Per cicatrizzare le ferite si usano delle sostanze naturali come il tuorlo d’uovo, succo di limone, miscugli di erbe o delle ceneri che provocano delle infezioni anche mortali.Finita l’incisione e la cucitura i genitali appaiono come quelli delle bambole di plastica
. Inesistenti.


Le gambe vengono legate e immobilizzate per alcune settimane per permettere alla ferita di guarire. La cosa più atroce per le “neo donne” è fare pipì. Il bruciore dell’urina sulla ferita è terrificante. Se la povera creatura sopravvive alle infezioni e al dissanguamento è considerata “sessualmente pura”. In questo modo la ragazzina non avrà desiderio sessuale e sarà scucita soltanto una volta sposata e il dolore invece del piacere della sua notte di nozze le ricorderà per l’ennesima volta che prezzo sta pagando per essere donna.

Con la colonizzazione europea e l’arrivo della civiltà in alcuni paesi come l’Eritrea e l’Egitto la pratica dell’infibulazione è stata bandita e sono nati i primi movimenti per sostenere i diritti delle donne, ma in altri paesi questa tradizione è invece aumentata proprio perché i nativi hanno voluto imporre le loro leggi e i loro rituali per distinguersi dagli invasori stranieri facendo, di questa sanguinosa operazione, la loro bandiera nazionale.

Con l’immigrazione molti si sono portati dietro questa tradizione. Infatti in Europa ci sono molte donne africane che vorrebbero continuare a praticarla pur vivendo in un paese dove è vietata.
L'Italia è ormai il primo paese in Europa per il più alto numero di donne infibulate. Tra le 20 e le 30 mila donne immigrate hanno subito una mutilazione genitale e circa 5 mila bambine rischiano la stessa sorte. Per la prima volta dei medici italiani stanno per pubblicare uno studio scientifico sulla loro esperienza con le donne mutilate


In Africa gli stessi uomini di potere stanno attuando delle campagne anti-infibulazione dichiarando che loro non hanno permesso che le loro figlie venissero sottoposte a tale rito barbarico, sperando fare esempio al popolo e di eliminare piano piano questa terribile tradizione sanguinaria.

Una buona notizia arriva dall’Eritrea per la lotta contro l’infibulazione. Il Governo di Asmar il 31 marzo 2007 ha, infatti, dichiarato illegale questa pratica, stabilendo dure pene per chi costringe una donna o, peggio, una bambina a sottoporsi alla circoncisione.
“Un grave rischio per la salute delle donne – scrive il Governo eritreo in u
n comunicato – che, oltre a metterne in pericolo la vita, causa loro considerevole dolore e sofferenza”
La strada per la liberazione da questa pratica è ancora lunga soprattutto perché le stesse ragazze decidono di loro spontanea volontà di essere sottoposte alla mutilazione.
La campagna di informazione comunque non è mai troppa e ci auguriamo che quelle percentuali così crudelmente alte si abbassino a favore di una donna libera di essere donna.

testo tratto da Torremaura.it

Nessun commento: