venerdì 3 agosto 2007

Una dolce Poesia


In questi ultimi giorni ho letto, forse è meglio dire "divorato", un libro che avevo sempre voluto leggere: "Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare", di Luis Sepùlveda.
E' un libro veramente molto scorrevole, che racconta le strane e simpatiche vicende di un gatto che deve affrontare un sacco di avventure per mantenere fede alle sue promesse.

Racconta appunto di una gabbiana, Kengah, vittima di un disastro ecologico, che poco prima di morire, decide di affidare il suo piccolo uovo ad un gatto, Zorba, al quale farà fare 3 promesse; una in particolare : quella di insegnare al suo piccolo, una volta nato, a volare.

E' un libro sicuramente per ragazzi, ma come tutti i libri per ragazzi, che diventano dei capolavori hanno qualcosa da insegnare anche ai grandi. Basti pensare alle poesie e ai bellissimi racconti di Rodari o allo spendido libro il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry.

Ogni volta che rileggo o ripenso a questi racconti mi vengono in mente le parole di Chiara:
Sono libri che assumo diversi significati a seconda dell'età in cui si leggono, penso che avesse ragione.
La trama in se è molto semplice e scorrevole come dicevo all'inizio, ma verso la fine del racconto l'autore narra un episodio che mi ha colpito.
"
I gatti del porto, di cui fa parte Zorba, devono aiutare la gabbianella ad imparare a volare. Ma si accorgono, che la cosa è più difficile del previsto e dopo vari tentativi di chiedere aiuto agli uomini.
Decidono qiundo di chiedere aiuto ad un uomo che sia in grado di comprenderli e di poterli aiutare, decidono di affidare le sorti della giovane gabbiana ad un poeta."

Sepùlveda in poche righe fa comprendere al lettore, che le uniche persone che oggi giorno sono in grado di capire il mondo o di poterlo aiutare veramente non solo gli avvocati, i musicisti, i politici, ma i poeti.

Persone dall'animo irrequieto, dalle personalità strane e forse lunatiche, che non riescono ad integrarsi nella società e comunità; ma proprio per questo, con un estro particolare come se fossero gli unici che abbiano il potere di comprendere la bellezza della diversità di questo pianeta.

E non come fa la maggior parte delle persone al mondo, che tutto ciò che non conoscono, che non comprendono, che è diverso dalla solita minestra: decidono di evitarlo, ignorarlo e nelle peggiori delle ipotesi odiarlo.

Se nella vita di ognuno di noi ci fosse più poesia tutto sarebbe più bello, le cose avrebbero un sapore più intenso e non ci sarebbe così indifferenza tra le persone.

Non voglio che queste poche righe diventino melense o banali, da cioccolatino per intenderci. Però provate ad immaginare se vedessimo il mondo come lo vedeva Leopardi, Dante, Goethe.
Se riuscimmo a " vedere i colori visti da dietro ", come dice sempre Antonio Albanese (Epifanio). Se tutto questo fosse possibile, o semplicemente naturale per ognuno di noi, non sarebbe bellissimo.
Riuscire a vedere l'arte nelle gomme da masticare o la musica nei rumori della metropolitana, non sarebbe stupendo?

Forse sto solo vaneggiando e scrivendo le prime cose che mi vengono in mente, però
forse si risolverebbero molti più problemi nel mondo se ci fosse più poesia, più arte o semplicemente più dolcezza nella vita di ognuno di noi.

Sbaglio??

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